photo credits: Michele Tricarico

photo credits: Michele Tricarico

Quante volte ci è capitato, facendo jogging lungo stradine poco frequentate, una passeggiata nei boschetti vicino casa o seplicemente durante un viaggio in auto, di imbatterci in una visione tanto pittoresca come quella della fotografia?  Per fortuna non molto spesso, ma…ahimè qualche volta capita!

Esaurito il loro servizio, logorati dall’uso o semplicemente per il capriccio di rinnovare le nostre case, gli elmenti di arredo che le rendono più confortevoli, comunemente definiti imbottiti, sono certamente i più problematici da smaltire.  

Non conosco a fondo la componentisca di un imbottito. Ricordo però, circa una ventina di anni fa, in un periodo in cui Susanna ed io amavamo visitare mercatini, rigattieri e robivecchi,  sulla strada di ritorno, dopo una vacanza al mare, facemmo un salto da un famoso rigattiere di Savona.  Fummo subito affascinati da un vecchio divano inglese, che nonostante richiedesse un “piccolo”, così si espresse il rigattiere, intervento di restauro, decidemmo di acquistare. Il tappezziere a cui ci rivolgemmo, un conoscente molto esperto in materia,  ci disse che per fare un buon lavoro occoreva riportarlo al fusto. In breve scoprimmo che il grosso del lavoro, altro che “piccolo” intervento, era quello di spogliarlo totalmente. Così Susi ed io, un pò per risparmiare, un pò perchè avevamo  ancora qualche giorno di vacanza, iniziammo bramosamente a spogliarlo. Fu un’impresa molto ardua. Dopo tre giorni di intenso e sudato lavoro, riuscimmo a separare dal fusto in legno, tra l’altro molto bello, tutti i suoi componenti: molle in acciaio, chiodi in ferro, cordame vario, imbottiture in lana, imbottiture in canapa, tessuto, ecc. saldamente ancorati ad esso.

Orbene, ribadendendo la mia poca conoscenza nell’ambito dell’imbottito e qui mi piacebbe avere il parere di un esperto, credo che la componentisca che dona a questo prezioso elemento del nostro relax, la necessaria cofortevolezza, sia altrettanto varia e presumibilmente altrettanto problematica da separare.  Ciò non induca a pensare che io giustifichi atti (reati) come quello testimoniato dalla fotografia, perchè, se non ricordo male, era già in quegli anni che in alcuni comuni, soprattutto i più virtuosi, nascevano, nelle loro periferie, gli allora centri di raccolta rifiuti ingombranti, che negli anni successivi si trasformavano in veri e propri business, qualche volta poco “puliti” (ne sanno qualcosa i nostri connazionali meridionali), a danno delle tasche dei contribuenti.

Oggi la modalità di raccolta rifiuti corretta, siano essi normali o ingombranti, è quella di differenziare i vari materiali dei quali sono costituiti.

Ma, tornando ai nostri imbottiti, verrebbe da dire, che per quanto riguarda la suddetta raccolta, al termine del loro ciclo, loro, gli imbottiti, godano di uno statuto speciale, una specie di zona franca, che li esime dalla comune assimilazione a quasi tutti gli altri rifiuti. CAUSE DI FORZA MAGGIORE?